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Dal videoteatro all’interaction design

Nell’ambito del Mittelfest 2007mercoledì 18 luglio alle ore 16a Cividale del Friuli, presso la Scuola di specializzazione in Storia dell’arte dell’Università di Udine (ex Monastero delle suore Orsoline in Santa Maria in Valle, in Via Monastero Maggiore, 38) si svolge l’incontro

Performing Media. Dal videoteatro all’interaction design

un frammento postato su YouTube dagli studenti del corso di PerformingMedia


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Una presentazione dei programmi di ricerca del Corso di Laurea in Linguaggi e Tecnologie dei Nuovi Media dell’Università di Udine, supportato da una selezione di repertori video e multimediali da proiettare e commentare, condotto da Carlo Infante, con interventi di: Angela Felice (Teatro Club Udine)Marco Rossitti (docente di cinematografia documentaria e sperimentale -Università di Udine)Gianluca Foresti (Presidente del corso di laurea in Linguaggi e Tecnologie dei Nuovi Media-Università di Udine)Furio Honsell ( Rettore dell’Università di Udine)Lo screening si basa su tre repertori:1. selezione Teatro in video “Incivile” (serie di DVD)2. navigazione guidata Cd-Rom “E-Motion. Dal videoteatro all’interaction design”3. Index Videoteatro (DVD: 20’,1989)1. La selezione di teatro in videoUna produzione video basata sulle riprese di alcuni spettacoli emblematici di un teatro d’impegno civile che, proprio per distaccarsi dal rischio delle definizione di genere, s’intitola “Incivile”. Un progetto realizzato in collaborazione con il quotidiano L’Unità, Assoprosa Pordenone, Università di Udine e Teatro Club Udine.
Una linea di dvd con spettacoli di Ascanio Celestini, Mario Perrotta, Emma Dante, Davide Enia, Giuliana Musso e dei detenuti-attori della Compagnia la Fortezza.

CD-Rom E-motion. Movimenti elettronici

Un atlante ipermediale prodotto dal Performing Media Lab.

Interrogarsi sull’evoluzione delle arti coincide con le dinamiche evolutive che hanno scandito le mutazioni del rapporto tra noi, i nostri corpi, e il mondo esterno.

E’ per questo che l’origine dell’arte è inscritta nel concetto di “techne”, intesa come estensione fisica e cognitiva dell’uomo verso il mondo.

Le protesi attraverso cui operiamo sono sia gli arnesi sia le parole, entrambe tecnologie che ci estendono nello spazio esterno al corpo, così come gli occhiali o un mouse.

In questo senso l’atlante ipermediale E-motion. Movimenti elettronici può rivelarsi come un buon modo per attivare una ricognizione teorica sull’interazione tra corpo e sistemi elettronici, sia per quanto riguarda l’interaction design sia le nuove forme della performance, individuando le caratteristiche dei dispositivi e delle condizioni che stabiliscono tali processi: dai motion-capture (l’impianto di sensori che rilevano il movimento fisico e lo traducono in forma digitale) agli ambienti interattivi in cui si sviluppano i climax per installazioni e performance di nuova sensibilità.

Per quanto possa essere consapevole che l’opinione comune nei confronti del teatro è quella di un’arte tra le tante, se non la più debole e inattuale , insisto nel sostenere che alla radice del teatro c’è qualcosa che riguarda fortemente il modo attraverso cui ci siamo ambientati nel mondo, pensandolo e agendolo. E’ attraverso la tecnologia di rappresentazione chiamata teatro che si è infatti presa coscienza del mondo, fisico ed immaginario, grazie ad un sistema di simulazione che di fatto ha svolto una funzione educativa a tutti gli effetti, insegnandoci a condividere lo spazio comune nell’integrazione tra l’uso del corpo e della parola.

Credo che una buona definizione di teatro possa essere quella di simulazione fisica di uno spazio mentale: portare fuori attraverso l’azione e l’espressione verbale qualcosa che risiede nella mente, sentimenti, stati d’animo, visioni mitiche.

Questo portare fuori, rendendolo pubblico, ciò che sta esclusivamente all’interno della sfera privata, ha fatto che sì che si sviluppasse la mente pubblica, ciò che definiamo civiltà.

Oggi, di fronte all’avvento della Società dell’Informazione, ci poniamo le stesse domande ma rivolte ad uno spazio pubblico fatto di bit, le unità minime dell’informazione digitale, attraverso cui transitano le nuove espressioni dell’interagire umano, dalle transazioni economiche all’empatia dei blog.

E’ per questo che credo ai principi attivi del teatro come chiave per misurarci con la mutazione culturale oggi in atto: individuando in alcuni aspetti della post-avanguardia italiana che negli anni ottanta ha inventato il videoteatro l’inaugurazione del dibattito sul virtuale, per procedere in una ricognizione tra le diverse forme della performance interattiva tese a sondare i confini con il nuovo spazio-tempo digitale.

CD-Rom

E-Motion. Movimenti Elettronici

Atlante ipermediale dell’interazione tra corpi e mondi virtuali

a cura di Carlo Infante

www.performingmedia.org

Tracce di una ricognizione teorica per sessioni di studio basate su navigazione guidata

CORPI

La fisicità tradotta in forme e informazioni

I segnali elettrici dei muscoli si fanno input digitali: Stelarc “Heaven for every one” (1994)

L’atleta informa il software del videogame: Medialab “Motion del calciatore“ (1998)

Il marionettista con il data-glove e il burattino digitale. S.Roveda/G.Verde “Info”(1997)

Corpo a corpo con il sistema virtuale. Roberto Latini/Fortebraccioteatro. Ubu Incatenato (2006)

Il teatro-danza della tradizione orientale che attraverso i “mudra” descrive la narrazione (disegni e foto tratte da “Anatomia del teatro” dell’ International School of Theatre Antropology , Casa Usher,1993)

Mondi elettronici
dalla scena immateriale alla realtà virtuale e aumentata


L’interazione sottile tra corpo, video e suono: Michele Sambin “VTR&J” (1978)

l’ambiente artificiale del cromakey: Falso Movimento, “Tango Glaciale” (1982)

l’interazione tra corpi e monitor video: Corsetti-Studio Azzurro, “Prologo” (1985)

la realtà artificiale: Myron Krueger, sistema Videoplace, “Critter” (1984)

la realtà virtuale immersiva: sistema Provision (1992)

hi-tech / hi-touch: “Contact Water”, Siggraph 2001

gli ambienti sensibili: Studio Azzurro, “Coro” (1995)

l’azione nello scenario interattivo: Ariella Vidach, sistema Mandala System, “Exp”(1997)


Mutazione
le metamorfosi del mondo digitale


Cybermartire: Marcel-li Antunez Roca, “Epizoo” (1994)

L’ibrido uomo-macchina: Stelarc, “Exoskeleton” (1999)

L’infografia per la simulazione del corpo in azione: Thecla Schiphorst, “Life Forms” (1995)

L’animismo elettronico: Studio Azzurro “Giardino delle cose (1992)”

Balla con i virus: vita artificiale degli agenti intelligenti:Knowbotic Research, Interscena (1997)

DVD: INDEX del Videoteatro

INDEX POW e’ un montaggio, a cura di Carlo Infante, di estratti da sedici opere di videoteatro, realizzata nel 1989 dal POW, l’associazione che ha promosso il Festival “Scenari dell’Immateriale” di Narni (una di quelle poche iniziative di videocreazione indipendente a far incontrare le sperimentazioni artistiche e teatrali con la comunicazione elettronica). E’ un “concept film” nato per evidenziare le differenti costanti di linguaggio del fenomeno videoteatro in cui si “traspone” scena in video, o si “ricostruisce” (con un’elaborazione audiovisuale della ripresa scenica, in cui emerge una specificità video), o che “crea” opere disancorate, quindi “autonome”, dalla messinscena o ancora che produce “presagi”, anticipando lo spettacolo in clip di carattere promozionale. Nel segmento che riguarda il video autonomo dalla scena troviamo “Trucco” di Riccardo Caporossi, opera dolce e visionaria di un veterano, con Claudio Remondi, della sperimentazione teatrale. Un video elaborato sulla base di uno storyboard che corrisponde alla pratica della scrittura scenica esercitata, disegnata, sempre da Caporossi. Altri due esempi indicativi sono estratti, da “Perfidi Incanti” di Mario Martone, una delle pochissime produzioni RAI di videoteatro, e “Romolo und Remo” della Societas Raffaello Sanzio, una performance altera e iconoclasta.Per video presagio abbiamo quelle opere pensate per evocare la scena, anticipandola in una sorta di poetici trailer,come il “Genet a Tangeri” dei Magazzini Criminali ; il “Racconti Inquieti” di Solari-Vanzi, l’altra metà de La Gaia Scienza, autori di un clip sincopato e suadente e “Syrma” di Nutrimenti Terrestri, un video molto stilizzato che evidenzia l’idea della traccia (“syrma’ in greco) creata dal corpo di Polinice: archetipo e motivo della Tragedia di Antigone.Nella scena trasposta in video si trova “Tango Glaciale” di Mario Martone-Falso Movimento che nel 1981 sancì l’avvento di una nuova spettacolarità in grado di coniugare multimedialità e presenza scenica. Indicativi in tal senso sono poi “Woyzeck” di Gustavo Frigerio,rigoroso nell’impaginazione visiva e drammaturgica al contempo e il “Ladro di anime” di Giorgio Barberio Corsetti, in cui la velocità del montaggio video esalta le sorprese teatrali. Per scena ricostruita in video troviamo “Mendeleev clip” del Laboratorio Teatro Settimo connotato dalla particolare affinità tra colonna sonora e montaggio delle foto di scena; “Suicidi e omicidi acrobatici” della Koinè con la regia in un teatro di posa curata da Alessandro Furlan; “Folgorazioni” del Teatro della Valdoca, con la collaborazione di Corrado Bertoni, in cui l’immagine scenica viene messa nell’ “abisso” televisivo che ne abbassa sensibilmente la definizione; “Macchine sensibili” del Tam, realizzato dalla post-produzione videografica di Giacomo Verde.L’ultimo aspetto individuato e’ quello del video in scena, in cui si rilevano diversi casi in cui il video acquista un preciso ruolo in scena, come “attore” o scenografia. E’ il caso del “Prologo” di Corsetti e Studio Azzurro, performance di viva interazione tra azione scenica e monitor semoventi; “Missione da compiere” di Mario Martone in cui un attore dialoga in tempo reale con un suo alter ego in video; “Ebdomero” dei Magazzini Criminali, uno dei primi spettacoli ad utilizzare i video in scena come elementi di evocazione immaginaria.

mar said,

luglio 18, 2007 @ 12:06

ci vediamo lì

carloi said,

maggio 2, 2009 @ 13:15

da Performing Media 1.1.

Sulle interazioni, più o meno complesse, con la dimensione elettronica vorrei affermare che nel rapporto con la macchina-computer ciò che va rilevato è l’insieme degli elettroni che viene trasmesso, le informazioni.

A far parte di quelle informazioni siamo noi stessi con il nostro feedback.

E’ in questo interagire degli elettroni del computer con quelli della nostra mente, che si gioca tutta la qualità della questione: la nostra evoluzione in diretta proporzione con quella delle tecnologie.

E’ una condizione che è appropriato definire psicotecnologica, come suggerisce Derrick de Kerckhove, in questo passaggio tratto da L’architettura dell’intelligenza (Testo&Immagine, 2001).
“Quando navigo in Rete, la dimensione tattile del cliccare e penetrare strati e strati di informazioni è molto simile al processo multisensoriale del pensare. Accarezzo le immagini sullo schermo così come accarezzo i pensieri nella mia mente, passando da uno all’altro, concentrandomi qui, cancellando là. I link funzionano come associazioni e sono infatti associazioni, sia in senso puramente tecnico, e anche come risultato di uno strumento di associazione “web- assisted” in senso psico-tecnologico, dal momento che le associazioni mentali sostenute da ciò che appare sullo schermo ispirano i collegamenti che scelgo di seguire.”
I software, le simulazioni, la scrittura connettiva sono artefatti che espandono la nuova creatività umana in relazione con le tecnologie digitali, come per secoli ha fatto la pittura o la musica utilizzando altre tecnologie.
Una buona parola d’ordine può quindi essere: “Esplorare la mente, accendere la percezione, ordire strutture di elettroni” come ci suggerisce Timothy Leary, il profeta della Beat Generation, il più abile di quella generazione nel comprendere le potenzialità del virtuale.
E io rilancerei, sotto il segno dei Greci: conosci te stesso e poni domande al mondo.
Nel futuro digitale lo “spazio antropologico” come lo definisce Pierre Levy viene costantemente deterritorializzato da queste nostre domande che corrispondono di fatto all’insorgere di un nuovo nomadismo culturale.
La definizione stessa di antropologia viene così a mutare in un mondo in cui l’uomo non può più candidarsi come centro del mondo perché al centro del mondo c’è il mondo stesso, nella complessità del suo ecosistema basato su informazioni, biologiche o sociali, e non solo astratte interpretazioni.

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