inicio mail me! sindicaci;ón

Performing Media per l’Innovazione Territoriale: interaction design e geoblogging

Ecco la traccia dell’intervento al convegno Destinazione Italia 2020 promosso da Confturismo e Fondazione Rosselli a Torino il 30-31 gennaio 2009.

Abstract:
Nella società dell’informazione in cui stiamo vivendo, l’utilizzo di internet sui dispositivi mobili farà la differenza. Accadrà quando si abbatteranno i costi di connessione anche grazie allo sviluppo degli accessi wi fi.

Inscrivere l’uso delle reti nell’azione attraverso il territorio, di cui il turismo è una delle forme più precisate, è una dele prerogative dell’ambito di ricerca sul Performing Media: una parola nuova per cose nuove. Trattare d’innovazione comporta questo: iniziare a sperimentare pratiche neanche pensabili fino a poco tempo fa.

Performing media è infatti ciò che concerne la nuova creatività sociale delle reti e in particolare la progettazione delle interazioni possibili tra web, multimedialità e territorio.

In questo senso il geoblogging (come glocalmap , realizzato per le Olimpiadi “Torino 2006”, progettato quando googlemaps non c’era ancora) è una pratica emblematica per la proprietà di scrivere storie nelle geografie, dando forma ai flussi della mobilità sociale, rilanciando l’idea di un turismo partecipativo al tempo del web 2.0.

Una soluzione funzionale al geoblogging, in termini d’interaction design, sono i mobtag , particolari codici grafici che trasmettono testi o link attivi agli smartphone. L’utilizzo di queste “tag” nella segnaletica, sulle paline di bus, nei depliant, nei menù… può rimandare alle pagine web pertinenti di un geoblog, creando una stretta connessione tra reti ed esperienza diretta nel territorio.

home.JPG

(link in fondo al documento)

Gli scenari del web 2.0. La mutazione di paradigma

Non siamo più nella Società Industriale, quella basata sul patto-conflitto tra capitale e lavoro salariato.
Siamo nell’arco di un passaggio radicale, una netta mutazione di paradigma: cambia la chiave di violino davanti al pentagramma evolutivo. E ciò riguarda non solo la crisi strutturale degli assetti produttivi ma quelli sociali, educativi, culturali e anche turistici, proprio perche quest’ultimo potrà rappresentare il perno di una ripresa per il nostro Paese.

Sta cambiando qualcosa di fondante: il nostro modo di percepire il mondo, l’idea di spazio e di tempo, ad esempio. E’ vero o no che il web si sta rivelando il nuovo spazio pubblico?
La domanda inevitabile da porci di conseguenza deve essere: in che termini stabilire la relazione tra queste reti immateriali e il territorio?

Un sistema-paese come l’Italia che soffre ancora di un ritardo grave rispetto ad altri paesi molto più connessi ad internet può e deve rilanciare questa relazione, a partire dalla sua prerogativa: il fatto d’essere uno dei territori più desiderabili, per via dell’integrazione tra paesaggio, biodiversità, culture materiali e beni culturali. Eppure è una potenzialità non espressa fino in fondo per via di un approccio inefficace con i sistemi organizzativi e quelli della comunicazione, fin troppo adagiati sul modello televisivo incapace di cogliere le sfumature della complessità di un utenza che pone nuove domande.

La nuova complessità di cui stiamo trattando riguarda la simultaneità delle informazioni, le loro connessioni combinatorie, le dinamiche della rete e per essere più precisi le dinamiche partecipative del web 2.0 e del social networking in particolare, dove le informazioni sono sempre più innervate alle relazioni.

C’è ancora qualcuno che snobba la “tecnologia” come se fosse qualcosa per addetti ai lavori informatici?  Ciò sottovaluta il fatto che  i nuovi linguaggi digitali scandiscono  sempre più le dinamiche sociali e, ciò che è più urgente, condizionano l’immaginario di nuove generazioni. Queste stanno crescendo da sole, centrifugate da automatismi, perse nelle reti che rispecchiano in modo distorto la vita sociale. Senza l’opportuna attenzione culturale che coniughi i saperi sedimentati con le nuove attitudini ipertestuali dei “nativi digitali”.

Il futuro di un Paese si misura sulla capacità del sistema di stimolare il potenziale creativo delle nuove generazioni. E quella creatività riguarda soprattutto l’ambientamento nei nuovi assetti psicologici e comunicativi creati dall’evoluzione tecnologica in atto. Le generazioni-ponte devono creare le condizioni adeguate perché questo accada in un processo evolutivo della coscienza culturale, interpretando le accelerazioni tecnologiche in relazione alle mutazioni antropologiche.
E’ questo uno dei punti cardine della grave crisi di passaggio che stiamo vivendo, in cui la recessione economica rischia di annichilire le attenzioni per la ricerca. Eppure la proiezione nel futuro  deve rivelarsi come una risorsa da ridistribuire. Avete presente quella frase di William Gibson?
“Il futuro è già qui. E’ solo mal distribuito”.

Un Paese che non scommette sul proprio futuro è un Paese che non ha prospettive ed è destinato ad invecchiare e ad esaurire la forza motrice del proprio sistema, vanificando quella creatività originaria che riguarda la capacità d’inventare soluzioni efficaci nelle condizioni impreviste.
Sembra proprio sia il caso del sistema Paese Italia dove molti pensano che la creatività sia solo una questione di belle arti.
Eppure tutti dovremmo preoccuparci del futuro, perché là dobbiamo passare il resto della nostra vita.
Ma quanti si sono fermati, magari arroccati nell’autocompiacimento di ciò che già sanno e già fanno?
Quanti non sopportano di trovarsi a disagio con un mouse? O temono la dispersione delle capacità di attenzione, parametrata sullo sviluppo lineare di un testo, di fronte alla dinamica non-lineare di un ipertesto? Di quell’ipertesto d’ipertesti che è Internet?
Ambientarsi nella società delle reti significa, prima di tutto, porsi con umiltà ed impegno nel cercare di comprendere la modificazione di quegli assetti psicologici e cognitivi che per quanto si siano fondati sulla struttura alfabetica oggi sono sempre più proiettati nell’infosfera audiovisiva e nell’interattività.

E’ per questo che ho scelto di usare questo testo nel dossier: per ribadire il concetto portante del mio intervento (che sarà pertinente alle soluzioni di geoblogging per reinventare le forme d’iniziativa e promozione turistica).

Quale concetto? Il medium è il messaggio: i nuovi media non solo nuovi strumenti come dicono in molti per rassicurare, bensì il nuovo ambiente psico-tecnologico in cui stiamo vivendo.
E’ da qui che si parte per capire come reinventare il nostro rapporto con il territorio, valorizzandolo, ottimizzandone il genius loci, ridefinendo l’idea di marketing territoriale sulla linea di sviluppo turistico da intendere come volano della ripresa.

In questo senso sarà importante occuparsi di armonizzare il thesaurus delle nostre conoscenze con i sistemi della comunicazione multimediale, senza spaventarsi per ciò che c’è da perdere nel passaggio da un paradigma cognitivo a un altro. Sì, qualcosa da perdere c’è. Rassegniamoci. Ma molto altro c’è da acquisire.
C’è, ad esempio, da operare perché le forme della comunicazione interattiva possano rivelarsi come opportunità di partecipazione alla nuova “res” pubblica espressa dalle reti, giocando la scommessa antropologica che sta alla base dello sviluppo della Società dell’Informazione.

Già Jeremy Rifkin (in L’era dell’accesso, Mondadori, 2000) ha affermato che si sta passando dall’homo faber della società industriale all’ homo ludens, agile nel selezionare le informazioni per tradurle in valore.
Il gioco, in quanto motore della creatività, è il concetto che possiamo quindi permetterci di porre in stretta relazione con la comunicazione, nuova materia prima della società delle reti. Il gioco è il principio attivo di quella complessità interpersonale che conduce verso il superamento dei ruoli prestabiliti e delle competenze stabilizzate, in un mondo che sta mutando attraverso le promesse dei nuovi media.

L’interattività si può tradurre in nuova interazione sociale, dando forma e dinamica relazionale a contenuti che trattano della vita culturale nei territori del nostro Paese.
Affinando format che ridefiniscono il rapporto tra politica e poetica, come quelli che definisco di performing media, nell’interazione tra reti e territorio (geoblog, mobtagging, interaction design urbano). Pratiche che fanno parte di una sensibilità diffusa nelle nuove generazioni che operano nel web, rilanciando un concetto di creatività che tendo ad accostare a quello suggerito dal matematico francese Jules-Henri Poincaré: Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili. E penso a quanto questo suggerimento sia decisivo per capire il fenomeno del mash up in Internet, implementando diverse applicazioni, plugin, su operatività che rilanciano il principio open source nel senso lato del termine.  

La questione della creatività, come ho già detto, non riguarda, infatti, solo l’espressione artistica dei linguaggi ma la capacità di ambientarsi in nuovi contesti, come oggi è quello del web, il nuovo spazio pubblico.
Il nuovo luogo dello scontro con i poteri cristallizzati e dell’incontro con le nuove generazioni.
Un ambiente da antropizzare in via direttamente proporzionale al nostro desiderio di mondo possibile, inventando nuovi modi di comunicare con (a differenza del “comunicare a”), re-imparando a condividere la conoscenza e a renderla funzionale alla progettazione di futuro. A partire dalla riqualificazione del nostro territorio, per instradare i nostri migliori processi produttivi (dal manifatturiero a quelli del trasferimento tecnologico) verso un turismo che riattivi non solo il PIL ma anche il FIL (Felicità Interna Lorda).
Carlo Infante (carlo@performingmedia.org)

Link utili:

un geoblog per la Via Francigena nel Lazio

una mappa emozionale dei luoghi della memoria antifascista a Torino (con mobtagging)

l’uso di GoogleMaps per “scrivere storie nelle geografie”

un videoblog per la Notte della Taranta

una performance radioguidata per la degustazione di pecorino piceno

carloi said,

maggio 4, 2009 @ 10:14

una versione rivista.

Performing Media per l’Innovazione Territoriale: interaction design e geoblogging

Nella società dell’informazione in cui stiamo vivendo e in cui si fa sempre più necessario rilanciare una progettazione capace di ridefinire i modelli produttivi e di scambio sociale, l’utilizzo di internet sui dispositivi mobili farà la differenza.
Accadrà quando si abbatteranno i costi di connessione anche grazie allo sviluppo degli accessi wi fi.
E’ una condizione questa che comporta in primo luogo una nuova definizione del rapporto con il territorio, a partire dai flussi turistici nel senso lato. Questa accezione ampia di turismo riguarda anche i consumi culturali, connessi ad una forte estensione del tempo libero qualificato da una domanda di conoscenza esponenziale, un apprendimento continuo innervato alla ricerca di nuove qualità della vita.
La gestione delle risorse informative funzionali a questo rapporto nuovo con il territorio, a partire dall’uso di mappe interattive e di sistemi gps implementati sugli smart-phone, rappresenta un’innovazione emblematica.
Potremmo definirlo nomadismo cognitivo, una mobilità continua di persone e di idee che ridefinisce i termini dello spazio pubblico, tra i luoghi fisici e quelli immateriali dell’informazione on line.
Ciò comporta un’attenzione crescente sia verso l’evoluzione delle tecnologie della comunicazione sia verso quei comportamenti creativi che ne indirizzano i valori d’uso.
Inscrivere l’uso delle reti nell’azione attraverso il territorio, di cui il turismo è una delle forme più precisate, è una delle prerogative dell’ambito di ricerca sul performing media: una parola nuova per cose nuove.
Sottende quella creatività sociale capace d’interpretare l’uso delle reti e dei nuovi media interattivi.
Trattare d’innovazione comporta questo: iniziare a sperimentare pratiche neanche pensabili fino a poco tempo fa.
Performing media è infatti ciò che concerne questa tensione creativa per l’utilizzo strategico delle reti e in particolare la progettazione delle interazioni possibili tra web, multimedialità e territorio.
In questo senso il geoblogging (come glocalmap.to, realizzato per le Olimpiadi “Torino 2006”, progettato quando googlemaps non c’era ancora) è una pratica emblematica per la proprietà di scrivere “storie sulle geografie”, dando forma ai flussi della mobilità sociale, rilanciando l’idea di un turismo partecipativo al tempo del web 2.0.
Una soluzione funzionale al geoblogging, in termini d’interaction design, sono i mobtag , particolari codici grafici che trasmettono testi o link attivi agli smartphone. L’utilizzo di queste tag nella segnaletica ( come sulle paline di bus, nei depliant, nei menù,etc) può rimandare alle pagine web pertinenti di un geoblog, creando una stretta connessione tra reti ed esperienza diretta nel territorio.
Esempi emblematici di questa sperimentazione sono i geoblog per la Via Francigena del Lazio (www.geoblog.it/francigena ) o quelli del Monferrato (www.geoblog.it/castell , sviluppato per l’inaugurazione del castello di Casale Monferrato con delle azioni-radioguidate e un “civico assedio” via bluetooth esercitato dai giovani delle scuole casalesi).
Queste pratiche creative nel web tendono ad esprimere una ricerca strategica di nuovi modelli di sviluppo che in questa fase di crisi acuta dei modelli produttivi devono essere considerati come il tentativo di una via d’uscita in un processo a medio-lungo termine che può permettere alla nuova generazione d’intraprendere delle attività su cui è opportuno investire. Si tratta di quel “bricolage antropologico” di cui parla Levi Strauss per definire le pratiche ludiche di una generazione che cresce nell’arco di una crisi di transizione in cui si stanno ridefinendo i principi paradigmatici di socialità e di sviluppo.
Porre attenzione alle dinamiche della trasformazione è quindi decisivo ma in questo Paese si registra un grave ritardo, dettato da una gerontocrazia che ha sistematicamente frenato il ricambio generazionale e osteggiato la cultura dell’innovazione. Il tempo è scaduto. E non resta che correre ai ripari.
Sta accadendo qualcosa che era stato ampiamente previsto, anche se l’accelerazione della crisi economica e non solo finanziaria, sta schiacciando tutto contro un’evidenza grave. Stanno per essere ridotte drasticamente le risorse per la cultura. E gran parte di un assetto professionale adagiato su sovvenzioni pubbliche rischia di scomparire. Eppure era necessario per tempo stabilire un contatto più reale tra ciò che definiamo ancora cultura e i sistemi della comunicazione innervati nei gangli produttivi della Società dell’informazione. Tanta politica culturale inerte ha fatto finta di niente ( e in parte ignorava anche questa emergenza di una nuova cultura più orientata verso la trasformazione che verso la conservazione…).
Si poteva in questi ultimi anni creare un ponte tra la cultura dell’innovazione e gli scenari economici del cambiamento, non è stato fatto. E ora ci tocca correre ai ripari. E in fretta. Il concetto di economia va rifondato, dato che è saltato il paradigma basilare del sistema produttivo, quello su cui ruotava il patto-conflitto tra capitale e lavoro, incardinato in un sistema industriale oramai alla deriva. La creatività diffusa (che va ben oltre il concetto di arte…) oggi riguarda in primo luogo una tensione politica e poetica che possa intraprendere una radicale innovazione dei processi sociali. Si tratta di dare senso e sensibilità a ciò che viene definita Società dell’informazione. Trovando il modo per entrare nel vivo dei processi di nuova produttività, così come certe linee operative che vanno dall’open source al wikinomics fanno intuire, delineando scenari di un’altra economia basata sui principi collaborativi piuttosto che competitivi.
In questo senso credo veramente che le pratiche del web 2.0 possano allargare il fronte del pensiero-azione per interpretare le dinamiche del cambiamento e tradurle in risorsa.
E’ opportuno a questo punto approfondire questo concetto di web 2.0, decisivo nel contemplare le nuove opportunità d’interazione sociale, tese a valorizzare le prospettive del sistema-paese.

Gli scenari del web 2.0. La mutazione di paradigma

Non siamo più nella Società Industriale, quella basata sul patto-conflitto tra capitale e lavoro salariato.
Siamo nell’arco di un passaggio radicale, una netta mutazione di paradigma: cambia la chiave di violino davanti al pentagramma evolutivo. E ciò riguarda non solo la crisi strutturale degli assetti produttivi ma quelli sociali, educativi, culturali e anche turistici, proprio perche quest’ultimo potrà rappresentare il perno di una possibile ed auspicata ripresa per il nostro Paese.

Sta cambiando qualcosa di fondante: il nostro modo di percepire il mondo, l’idea di spazio e di tempo, ad esempio. E’ vero o no che il web si sta rivelando il nuovo spazio pubblico?
La domanda inevitabile da porci di conseguenza deve essere: in che termini stabilire la relazione tra queste reti immateriali e il territorio?

Un sistema-paese come l’Italia che soffre ancora di un ritardo grave rispetto ad altri paesi molto più connessi ad internet può e deve rilanciare questa relazione, a partire dalla sua prerogativa: il fatto d’essere uno dei territori più desiderabili, per via dell’integrazione tra paesaggio, biodiversità, culture materiali e beni culturali. Eppure è una potenzialità non espressa fino in fondo per via di un approccio inefficace con i sistemi organizzativi e quelli della comunicazione, fin troppo adagiati sul modello televisivo incapace di cogliere le sfumature della complessità di un utenza che pone nuove domande.

La nuova complessità di cui stiamo trattando riguarda la simultaneità delle informazioni, le loro connessioni combinatorie, le dinamiche della rete e per essere più precisi le dinamiche partecipative del web 2.0 e del social networking (con il fenomeno tracimante di facebook) dove le informazioni sono sempre più innervate alle relazioni.

C’è ancora qualcuno che snobba la tecnologia come se fosse qualcosa per addetti ai lavori informatici?
Ciò sottovaluta il fatto che i nuovi linguaggi digitali scandiscono sempre più le dinamiche sociali e, ciò che è più urgente, condizionano l’immaginario di nuove generazioni. Queste stanno crescendo da sole, centrifugate da automatismi, perse nelle reti che rispecchiano in modo distorto la vita sociale. Senza l’opportuna attenzione culturale che coniughi i saperi sedimentati con le nuove attitudini ipertestuali dei “nativi digitali”.

Il futuro di un Paese si misura sulla capacità del sistema di stimolare il potenziale creativo delle nuove generazioni. E quella creatività riguarda soprattutto l’ambientamento nei nuovi assetti psicologici e comunicativi creati dall’evoluzione tecnologica in atto che investe sempre più le modificazioni antropologiche. Le generazioni-ponte devono creare le condizioni adeguate perché questo accada in un processo evolutivo della coscienza culturale, interpretando le accelerazioni tecnologiche in relazione alle mutazioni culturali.
E’ questo uno dei punti cardine della grave crisi di passaggio che stiamo vivendo, in cui la recessione economica rischia di annichilire le attenzioni per la ricerca. Eppure la proiezione nel futuro deve rivelarsi come una risorsa da ridistribuire. Avete presente quella frase di William Gibson?
“Il futuro è già qui. E’ solo mal distribuito”.

Un Paese che non scommette sul proprio futuro è un Paese che non ha prospettive ed è destinato ad invecchiare e ad esaurire la forza motrice del proprio sistema, vanificando quella creatività originaria che riguarda la capacità d’inventare soluzioni efficaci nelle condizioni impreviste.
Sembra proprio sia il caso del sistema Paese Italia dove molti pensano che la creatività sia solo una questione di belle arti.
Eppure tutti dovremmo preoccuparci del futuro, perché là dobbiamo passare il resto della nostra vita.
Ma quanti si sono fermati, magari arroccati nell’autocompiacimento di ciò che già sanno e già fanno?
Quanti non sopportano di trovarsi a disagio con un mouse? O temono la dispersione delle capacità di attenzione, parametrata sullo sviluppo lineare di un testo, di fronte alla dinamica non-lineare di un ipertesto? Di quell’ipertesto d’ipertesti che è Internet?
Ambientarsi nella società delle reti significa, prima di tutto, porsi con umiltà ed impegno nel cercare di comprendere la modificazione di quegli assetti psicologici e cognitivi che per quanto si siano fondati sulla struttura alfabetica oggi sono sempre più proiettati nell’infosfera audiovisiva e nell’interattività.

E’ per questo che ho scelto di usare questo testo nel dossier: per ribadire il concetto portante del mio intervento (che sarà pertinente alle soluzioni di geoblogging per reinventare le forme d’iniziativa e promozione turistica). Quale concetto? Il medium è il messaggio: i nuovi media non solo nuovi strumenti come dicono in molti per rassicurare, bensì il nuovo ambiente psico-tecnologico in cui stiamo vivendo.
E’ da qui che si parte per capire come reinventare il nostro rapporto con il territorio, valorizzandolo, ottimizzandone il genius loci, ridefinendo l’idea di marketing territoriale sulla linea di sviluppo turistico da intendere come volano della ripresa.

In questo senso sarà importante occuparsi di armonizzare il thesaurus delle nostre conoscenze con i sistemi della comunicazione multimediale, senza spaventarsi per ciò che c’è da perdere nel passaggio da un paradigma cognitivo a un altro. Sì, qualcosa da perdere c’è. Rassegniamoci. Ma molto altro c’è da acquisire.
C’è, ad esempio, da operare perché le forme della comunicazione interattiva possano rivelarsi come opportunità di partecipazione alla nuova “res” pubblica espressa dalle reti, giocando la scommessa antropologica che sta alla base dello sviluppo della Società dell’Informazione.

Già Jeremy Rifkin (in L’era dell’accesso, Mondadori, 2000) ha affermato che si sta passando dall’homo faber della società industriale all’ homo ludens, agile nel selezionare le informazioni per tradurle in valore.
Il gioco, in quanto motore della creatività, è il concetto che possiamo quindi permetterci di porre in stretta relazione con la comunicazione, nuova materia prima della società delle reti. Il gioco è il principio attivo di quella complessità interpersonale che conduce verso il superamento dei ruoli prestabiliti e delle competenze stabilizzate, in un mondo che sta mutando attraverso le promesse dei nuovi media.

L’interattività si può tradurre in nuova interazione sociale, dando forma e dinamica relazionale a contenuti che trattano della vita culturale nei territori del nostro Paese.
Affinando format che ridefiniscono il rapporto tra politica e poetica, come quelli che definisco di performing media, nell’interazione tra reti e territorio (geoblog, mobtagging, interaction design urbano).
Pratiche che fanno parte di una sensibilità diffusa nelle nuove generazioni che operano nel web, rilanciando un concetto di creatività che tendo ad accostare a quello suggerito dal matematico francese Jules-Henri Poincaré: “Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”. E penso a quanto questo suggerimento sia decisivo per capire il fenomeno del mash up in Internet, implementando diverse applicazioni, plugin, su operatività che rilanciano il principio open source nel senso lato del termine.
Come pratiche aperta d’implementazione secondo i principi della creatività connettiva.

La questione della creatività, come ho già detto, non riguarda, infatti, solo l’espressione artistica dei linguaggi ma la capacità di ambientarsi in nuovi contesti, come oggi è quello del web, il nuovo spazio pubblico.
Il nuovo luogo dello scontro con i poteri cristallizzati e dell’incontro con le nuove generazioni.
Un ambiente da antropizzare in via direttamente proporzionale al nostro desiderio di mondo possibile, inventando nuovi modi di “comunicare con” (a differenza del “comunicare a”), re-imparando a condividere la conoscenza e a renderla funzionale alla progettazione di futuro. A partire dalla riqualificazione del nostro territorio, per instradare i nostri migliori processi produttivi (dal manifatturiero a quelli del trasferimento tecnologico) verso un turismo ed un’innovazione territoriale che riattivi non solo il PIL ma anche il FIL (Felicità Interna Lorda).

Carlo Infante (carlo@performingmedia.org)

RSS feed for comments on this post

Lascia un commento

You must be logged in to post a comment.