inicio mail me! sindicaci;ón

Sensitive city

Ecco qui il testo della rubrica URBAN EXPERIENCE che esce sulla rivista La Nuova Ecologia di ottobre 2013

Questa rubrica inizia con una fine: la recente scomparsa di Paolo Rosa, un poeta dell’immagine elettronica e performante, artefice con Studio Azzurro, delle migliori esperienze visive attraverso il video e la multimedialità interattiva. Associo il suo ricordo a questo mio focus sull’urban experience per la capacità poetica di Paolo nel reinventare lo sguardo sulle città, come è accaduto, in particolare, con Sensitive City. Questo è il titolo di un ambiente interattivo realizzato per il Padiglione Italia all’Expo di Shanghai 2010 che aveva come tema Better City, Better Life.

Con Sensitive City Paolo Rosa e Studio Azzurro hanno creato un percorso espositivo che invita lo spettatore (un termine più preciso rispetto a quello di visitatore di mostre…la poetica di Studio Azzurro sa di teatro) a mettersi in gioco, per cercare la relazione con le immagini digitali delle persone che vivono le piccole città italiane del buon vivere. Sono state scelte Siracusa, Matera, Lucca, Spoleto, Chioggia e Trieste, ritratte come realtà emblematiche di un’idea di bellezza che coniuga paesaggio, bene culturale e vita quotidiana.

Gli spettatori si fanno artefici del percorso interattivo, toccano le immagini dei corpi che scorrono negli schermi per ascoltarne la voce. Le città si rivelano così come un mondo da interrogare, un paradossale (e ludico e poetico) libro da sfogliare e da cui trarre i frammenti di memoria di quei protagonisti “portatori di storie” che si auto-narrano senza sovrastrutture, senza mediazione.

E’ qui il valore straordinario dell’esperienza poetica di Paolo Rosa che di fatto ha creato un proprio linguaggio, una sensibilità che va oltre il cinema e sta stretta nell’ambito della videoarte, per dare luogo, fisicità e senso, al nuovo corso dell’interattività. C’è empatia in queste creazioni, c’è la sensibilità di un autore che pensa allo spettatore, alle sue mosse, le anticipa, le sollecita. E’ un gesto pensato (come in una partita a scacchi) per attivare reazione, un feedback proattivo che qualifica il concetto stesso di partecipazione dello spettatore all’opera.

Sensitive City e un’intervista a Paolo Rosa

L’ultima intervista (poche settimane prima la sua scomparsa)…realizzata a luglio per i Laboratori dal Basso della Regione Puglia.

carloi said,

settembre 6, 2013 @ 23:56

a proposito della sensibilità di Paolo Rosa, estraggo un frammento dal mio ultimo libro Performing Media 1.1 (2006)

Ambienti sensibili

Se le performance di Antunez le ho definite “dionisiache”, potrei spendere il termine “apollineo” per offrire una chiave nell’introdurre il lavoro di Studio azzurro, che dagli anni Ottanta opera con straordinaria sensibilità nelle ambientazioni video-elettroniche.
Invitai Studio Azzurro al mio Festival di Narni Scenari dell’Immateriale, nel 1987, con una delle loro installazioni di videoteatro ( Il combattimento di Ettore ed Achille ) e, tra le successive occasioni d’incontro, voglio evidenziare quella del 2002 al Castel Sant’Elmo di Napoli per la loro mostra Meditazioni Mediterraneo. Un percorso attraverso una serie di paesaggi che generano visioni sottili nella forma di videoinstallazioni “instabili”, come loro le hanno definite. I dispositivi interattivi permettono di sfidare la percezione, creando eventi percettivi da considerare come dei trompe l’oeil. In alcuni casi i sensori ottici rilevano l’avvicinarsi del corpo del visitatore che diventa, a quel punto, spettatore di un gioco di visione di cui fa esperienza diretta: l’immagine si avvicina o si allontana secondo la sua prossimità dallo schermo. O come in quel tappeto tellurico che, calpestato, ci trasporta in una terra vulcanica, con un sistema di sensori a contatto, che avevo già provato nell’ambiente sensibile allestito all’interno della Mole Antonelliana nel 1995: Coro. In quel caso si camminava su un tappeto bianco, uno schermo popolato di corpi dormienti che si risvegliavano, brontolando, al nostro passaggio. Nell’esperienza di Studio Azzurro c’è un’aura poetica che fa dell’elettronica una condizione da esplorare con i sensi, ma non solo. In quel loro teatro di percezione c’è una filigrana narrativa, una combinazione di segni che si evolvono in un processo compiuto solo nella percezione dello spettatore, al punto da rappresentare al miglior grado ciò che definisco “drammaturgia dell’interattività”. Strategia in cui gli autori (tra cui Paolo Rosa per la drammaturgia visiva e Stefano Roveda per le soluzioni interattive) prefigurano il feedback del visitatore-spettatore, disseminando senso e sensori atti a sollecitare lo sguardo partecipato.
Un altro intervento di Studio Azzurro che credo possa contribuire a questa riflessione, è l’installazione progettata per il Museo della Resistenza di Fosdinovo, presso Sarzana.
L’installazione esprime in senso compiuto l’idea di drammaturgia dell’interattività, intesa, nel loro caso, come espressione narrativa della multimedialità.
Il presupposto è stato quello di pensare il Museo non solo come luogo di documentazione della lotta di Liberazione ma come opportunità di memoria attiva rivolta agli studenti delle scuole e quindi ai giovani spettatori di un percorso multimediale ad alta densità informativa ed emotiva.
Le video-interviste raccolgono i volti dei testimoni e campeggiano in una serie di schermi allineati che parlano solo a richiesta, tendendo la mano verso il ritratto. Su un tavolo appaiono un libro e un album di fotografie: sono immagini digitali che possono essere sfogliate, sfiorandole. “Attorno a un tavolo – recita una scheda sull’operazione – si sono decisi i destini di uomini, su di un tavolo si è sviluppato e scritto della cultura dell’umanità, ci si riunisce a un tavolo per ricordare, ci si appoggia ad un tavolo con un libro per leggere. Questo tavolo è l’essenza stessa del museo, è una superficie della memoria”.
Quel tavolo si rivela come un semplice e forte elemento d’interaction design: è un oggetto che definisce un ambiente nei confronti del quale ci si pone per avviare un percorso d’interrogazione, un “teatro della memoria”. Proprio com’era intitolato il progetto che li ha contestualizzati nell’estate del 2004 a Fosdinovo, con una serie di incontri, narrazioni, ascolti e performing media (eventi interattivi per radio, sms e web): momenti diversi orientati verso l’approccio teatrale e multimediale, con una memoria che sa interpretare la storia e le tradizioni. Diversi modi che dall’oralità della narrazione ( avevo invitato Ascanio Celestini) arriva a sperimentare le diverse soluzioni della comunicazione interattiva.
In questo progetto ha operato la Koinè con la regia di Silvio Panini, che ha condotto una continua serie di piccoli gruppi di spettatori “armati” di cuffie radiofoniche: con queste ascoltavano una drammaturgia trasmessa da un’emittente radio da campo, animata in diretta da attori con radiomicrofoni. Spettatori “deportati” in un percorso teatrale, nel borgo e nel castello di Fosdinovo (utilizzato come carcere durante la Seconda Guerra Mondiale), trasportati in un salto nel tempo, per rivivere alcuni stati d’animo legati alle vicende storiche della Resistenza. Un viaggio emozionale e sensoriale nella memoria.

Urban Experience | Blog | Ora e sempre resilienza said,

settembre 12, 2013 @ 17:40

[…] a Rimini e morto pochi giorni fa a Corfù, lasciando un vuoto da far risuonare… vedi qui delle note sulla sua poetica straordinaria) si approda a Padova, per i walk show sulle Mura […]

RSS feed for comments on this post · TrackBack URI

Lascia un commento

You must be logged in to post a comment.