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Su NOVA_Sole24ore

nova.jpgEcco il titolo dell’intervento pubblicato su Nova il giovedì scorso.

carloi said,

febbraio 17, 2008 @ 22:23

ecco l’articolo pubblicato su NOVA

Sottoveglianza
Uno degli aspetti più intriganti dell’avanzamento tecnologico riguarda la capacità creativa degli utenti di generare sia contenuti sia comportamenti. Le condizioni della partecipazione (proprie del web 2.0) riguardano, infatti, non solo i dispositivi interattivi delle piattaforme ma la disponibilità ad interagire, tanto più se l’interazione riguarda la rete con il territorio. E’ in questa direzione che va contemplata un’azione molto particolare che offre uno sguardo spiazzante verso i sistemi tecnologici per la sicurezza. Si tratta della Sottoveglianza. E’ un neologismo, tra i tanti che emergono dalle condizioni inedite di un’evoluzione tecnologica scandita non solo dall’offerta di mercato, ma da una domanda che interroga le potenzialità stesse delle tecnologie.
Si tratta di individuare i valori d’uso creativo delle soluzioni digitali che, una volta applicate in contesti extra-standard, rivelano funzionalità non previste. Giocando, ad esempio, su un ribaltamento del punto di vista, secondo la prassi del multi-stakeholder, per cui le prese di posizione di una pluralità di interessi, da angolazioni diverse, esprimono una più ampia prospettiva funzionale.
Ecco perché “sottoveglianza”: per ottimizzare i sistemi di sicurezza attraverso uno guardo dal basso, da sotto le telecamere, sulla base di un principio di convivenza civile e non di coercizione.
Se c’è la sorveglianza delle webcam che innervano i sistemi di sicurezza urbani , è opportuno che ci sia anche una sottoveglianza che proponga un controllo sociale di questi sistemi. Solo sulla base di una consapevolezza e di una massima trasparenza delle politiche per la sicurezza e il controllo dei flussi urbani sarà possibile rendere sicuro e vivibile al miglior grado lo spazio pubblico.
E’ su questi presupposti che si lancia a Torino una campagna per la “Sottoveglianza” con un seminario pubblico, promosso dal Gruppo Abele di Don Ciotti, Libera e Acmos, che vede la partecipazione del sottosegretario al Ministero dell’Interno Marco Minniti e per il 14 febbraio, approfittando della festa di S. Valentino, un happening di amorosi intenti che vedrà alcuni ragazzi delle scuole medie superiori baciarsi ed abbracciarsi sotto alcune telecamere di sorveglianza della città.
Gli interventi, organizzati e documentati in foto e video dal Performing Media Lab (e rilanciati in rete, in collaborazione con ThinkLoci, su http://www.acmos.net/sottoveglianza ) si svolgeranno secondo le dinamiche delle smart mobs (le azioni improvvise organizzate on line, secondo la definizione data da Howard Rheingold).
Qualche giorno dopo, a Udine, nell’ambito del Salone delle nuove tecnologie “Innovaction”, con i ragazzi del corso di Performing Media dell’Università di Udine-Pordenone si svolgerà una navigazione guidata attraverso queste diverse forme di media-attivismo. Uno sguardo sarà rivolto ad alcune esperienze apripista, come quelle dei Surveillance Camera Players che, già nel 1996 a New York, utilizzarono il sistema delle telecamere di sorveglianza per mettere in onda degli interventi situazionisti ispirati all’Ubu Re di Alfred Jarry.

carloi said,

febbraio 17, 2008 @ 22:28

questo è l’articolo uscito su Liberazione (il 12 febbraio,a pg.9)

Le nuove forme dell’azione politica
Sottoveglianza, per il controllo sociale e creativo dei sistemi della telesorveglianza
di Carlo Infante carlo@performingmedia.org

Le parole nuove sono cose nuove, azioni nuove. Sottoveglianza è una di queste parole.
Riguarda una pratica creativa di perfoming media tesa ad esprimere un controllo sociale della sorveglianza imposto dalla rete sempre più fitta di telecamere per la sicurezza.
E’ intorno a questa nuova pratica che si svolgerà a Torino, il 13 febbraio al Gruppo Abele di Don Ciotti un seminario pubblico promosso da Libera e Acmos (tra gli altri parteciperà il sottosegretario al Ministero dell’Interno Marco Minniti). L’iniziativa promuove un patto collaborativo e creativo sulla sicurezza a Torino, basato su un controllo sociale della telesorveglianza dal basso.
Sottoveglianza, appunto.
L’incontro anticiperà di un giorno l’happening che vedrà, per la festa di S. Valentino, alcuni ragazzi delle scuole medie superiori torinesi, baciarsi ed abbracciarsi sotto alcune telecamere di sorveglianza della città. Queste effusioni amorose, e militanti allo stesso tempo, saranno documentate in foto e video dal Performing Media Lab per essere rilanciate in rete, in collaborazione con ThinkLoci, su http://www.acmos.net/sottoveglianza, anche se in prospettiva sarà decisivo utilizzare le riprese delle webcam stesse. Questi interventi situazionisti si svolgeranno secondo le dinamiche delle smart mob (le azioni improvvise organizzate on line, secondo la definizione data da Howard Rheingold).
Sfugge qualcosa a qualcuno?
Ho appena fatto riferimento alle smart mob, altro neologismo che avrà fatto sobbalzare qualcuno, allergico a queste parole nuove. E’ opportuno, a questo punto, precisare che i tumulti di Seattle contro il WTO nel 1999, quelli che hanno avviato il movimento no-global, debbono quasi tutto a quel metodo di mobilitazione.
L’uso delle reti (via email, via sms o via twitter, un sistema di messaggi istantanei connessi ai social networking) può, infatti, rilanciare le forme di auto-organizzazione per le azioni nello spazio pubblico.
E’ su queste dinamiche che è decisivo porre attenzione per progettare le nuove forme della politica e tradurre le opportunità della comunicazione interattiva in pratiche creative di interazione sociale.
Parliamo di azioni poetiche o di azioni politiche?
Si, lo ammetto c’è qualcosa che tende ad uscire dalla consuetudine della cultura e della politica, per come sono state concepite fino ad oggi. Ed è forse proprio di questo di cui ha bisogno una Sinistra che dovrebbe esprimere al suo interno le più vive istanze d’innovazione. Soprattutto per riuscire ad intercettare quella nuova generazione che sta crescendo in una Società dell’Informazione che non può essere interpretata con i vecchi schemi.
Un concetto come quello di performing media si sta sviluppando proprio in questa direzione, intervenendo anche in ambito universitario, dove sta crescendo quella generazione che spesso si trova spiazzata tra un attitudine compulsava ad usare i sistemi digitali ed un impianto culturale che non le offre le chiavi per esprimerne la progettualità creativa. Con gli studenti dell’Università di Udine (presso la Facoltà di Scienze della Formazione a Pordenone) si sta facendo un lavoro sul blog partecipativo e ci sarà un intervento il 15 febbraio, nell’ambito di “Innovaction” (il Salone delle nuove tecnologie che svolge alla Fiera di Udine) per illustrare un’esoerineza semplice ed emblematica che tende a dare forma ai flussi informativi in rete e a promuovere l’uso sociale dei nuovi media.
Come sta facendo il Performing Media Lab nato a Torino con il gruppo Acmos che già un anno fa ha realizzato un geoblog ( un diario on line georeferenziato) attraverso cui dare forma nel web ad una Mappa Emozionale dei luoghi della memoria antifascista.
La rete è un nuovo spazio pubblico ed ha bisogno di essere messa in relazione con il territorio, con le azioni pubbliche che proprio grazie alla comunicazione interattiva possono raggiungere forme più compiute di organizzazione. E’ questo uno dei modi possibili per fare politica nella Società dell’Informazione, declinandola sulla base dei nostri bisogni e desideri ed emancipandola dal predominio dei grandi network globali, producendo nel web delle esperienze glocal, dove l’azione locale s’afferma nel contesto globale. E’ in questo senso che si può uscire fuori dalla condizione di attoniti spettatori dei grandi giochi, come quelli di Google o di Microsoft (che con la sua bramosia di Yahoo tenta il grande salto nel social web). E’ invece possibile fare della rete uno spazio pubblico dove estendere le pratiche virtuose delle comunità e allo stesso tempo intraprendere una via di sviluppo post-industriale. Questo è possibile perché le dinamiche del web 2.0, basato sui contenuti ( e le dinamiche di relazione sociale) generati dagli utenti, lo può permettere. Ma non è scontato, è una scommessa antropologica che va giocata. Eppure una parte della Sinistra non riesce a vedere in questa direzione una prospettiva d’uscita dallo stallo politico in cui si trova.
Può apparire un dato sovrastrutturale, ma potrebbe sollecitare uno sguardo più attento valutare come sia invece un aspetto cardine del conflitto politico-economico in atto, anche se in Italia l’industria culturale rimane impantanata nel modello televisivo che si morde la coda. Basterebbe contare i miliardi di dollari che vengono messi sul piatto in quei grandi giochi nel web e nel social networking (pensate a You Tube o a MySpace, l’ultimo grande acquisto di Murdoch, quello di Sky).
Il cuore della questione, se ci proiettiamo strategicamente sullo sviluppo potenziale del rapporto tra reti (si pensi al mobile e al wi fi) e territorio, è in ciò che è definito, appunto, il social networking.
La società civile, o perlomeno le sue componenti più avvertite, giovani e creative, inventano continui modi di fare ed interagire. Si tratta di alzare le antenne e rilevarli. Interpretandoli e sostenendoli con la creazione di ambienti web in cui far coniugare la cultura (secondo una sua ridefinizione basata non solo sulla conservazione dei valori ma sulla loro trasformazione) con gli ambiti della nuova comunicazione. Perché lasciare questa opportunità ad altri?
Le condizioni della partecipazione (proprie del web 2.0) riguardano non solo i dispositivi interattivi delle piattaforme tecnologiche ma la disponibilità dei cittadini della Società dell’Informazione ad inventare le modalità dell’interazione. Ad inventare nuove forme di cittadinanza. E’ qui che c’è da operare. In questo quadro può essere considerata emblematica quella particolare azione creativa della Sottoveglianza, capace di esprimere attraverso il media-attivismo non tanto una nuova forma di conflitto, bensì una negoziazione dei termini di convivenza civile in una società che rischia di blindarsi all’interno dei sistemi di sicurezza della telesorveglianza. E’ solo un piccolo atto, ma può essere considerato indicativo di una ricerca che può forse rimettere in gioco le pulsioni ludico-partecipative ad un agone politico che altrimenti è perso in partenza.

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