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La città nuda

Il testo (con link attivi) della rubrica URBAN EXPERIENCE che esce sulla rivista, in edicola, La Nuova Ecologia di novembre 2013

 

Ricordate il film “Le mani sulla città” di Francesco Rosi (e sceneggiato da La Capria e Forcella)? Era il 1963, all’avvento della speculazione edilizia. Ne è passato di tempo e nel frattempo quelle mani hanno sparso palazzi nelle città spogliandole della loro identità e del loro equilibrio. Le città sono state rese nude dal cemento.

Naked city (città nuda) è il titolo del progetto che è stato presentato, a luglio, in una giornata d’incontri all’Ex Cartiera Latina del Parco dell’Appia Antica e recentemente nell’ambito di Roma Smart City promossa da Stati Generali dell’Innovazione. Il progetto Naked City nasce come missione fotografica su Roma e arriva a proporre una piattaforma web georeferenziata che andrà ad armonizzarsi con altri progetti simili in cantiere. Nel seminario di luglio, dal titolo “A carte scoperte. Cartografia critica, mappe di comunità e nuove esperienze partecipative” Naked City Project si è posto come possibile laboratorio creativo di nuovi metodi di archiviazione e narrazione sulla realtà urbana “al fine di contrastare la tendenza alla frammentazione (…) per rafforzare i vincoli sociali attraverso occasioni di condivisione sempre più larga di conoscenze e immaginario”. La loro idea di “città nuda” s’oppone a quella di spogliazione dell’identità urbana per affermare un principio di trasparenza ed emergenza identitaria. “Denudare la città – sostengono – significa portare alla luce le relazioni oggettive e soggettive che ne determinano la trasformazione”. Un concetto che deve molto alle intuizioni lettriste e situazioniste, in particolare a Guy Debord che lanciò la psicogeografia con un testo dal titolo Naked City nel 1958.

Carlo Infante

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